Nella parte retrostante il complesso delle officine, è collocata la mensa aziendale, un edificio immerso nel verde, di tre piani sfalsati fuori terra sul lato nord-est dell’edificio e quattro sui lati sud-est e sud-ovest.
Il progetto dell’edificio è di Ignazio Gardella (1953-1961), con la partecipazione, nelle fasi di progetto e di cantiere, dell’ingegnere di produzione Roberto Guiducci. La loro collaborazione si estenderà anche al progetto successivo, non realizzato, di ampliamento della stessa (1968-1970).
L’edificio era destinato ad accogliere nella sala comune fino a 1600 persone, distribuendo fino a 9.000 pasti al giorno. Nel grande atrio di ingresso offriva uno spazio aperto ad accogliere le diverse attività ricreative e culturali che integravano il tempo del lavoro quotidiano in fabbrica. Nelle sale superiori, infine, gli spazi erano destinati ad altri servizi ai lavoratori o a spazi destinati al riposo e alla lettura.
L’edificio, quindi, riveste un forte significato simbolico del ruolo che l’architettura viene ad assumere nel progetto di città industriale che si realizza a Ivrea nel secondo dopoguerra: ben distante da una mera strategia di immagine e da una ricerca solo funzionale e tipologica, il progetto di architettura si inserisce in un disegno sociale più vasto, insieme politico e industriale. A questo corrisponde una grande libertà linguistica e compositiva da parte degli architetti, che si confrontano con temi architettonici ed etici insieme.
All’esterno, l’edificio segue il dislivello del terreno e costituisce un importante punto di vista panoramico della property, offrendo una visione inedita della parte retrostante delle Officine ICO e del Centro Studi ed Esperienze fino a comprendere sullo sfondo la città storica e il paesaggio naturale circostante. Il rapporto con la natura circostante rimane essenziale per coglierne alcune fondamentali caratteristiche architettoniche e compositive: la pianta esagonale, che lo caratterizza, rispetta e segue l’orografia della collina, favorendo così la relazione continua tra architettura e natura; il corpo centrale della mensa è circondato completamente da ampie balconate percorribili che, attraverso passerelle e scale, mettono in relazione i diversi livelli e rendono fruibili direttamente lo spazio verde della collina e dell’area destinata alla ricreazione e al riposo. Lungo il perimetro del primo piano fuori terra infine corre un basamento che permette la sosta sulle balconate e sollecita la continua contemplazione del paesaggio, così come le ampie vetrate, che pur interrotte dai pilastri, sono percepibili come continue, protette dall’aggetto delle balconate.
L’edificio si presenta come un oggetto architettonico colto. Molte sono le suggestioni della lettura personale di Gardella dell’architettura di Frank Lloyd Wright, verificabile nello studio della pianta, dei colori e dei materiali di rivestimento dell’edificio e in alcuni elementi architettonici (come la fioriera a pianta quadrata che sormonta l’estremità del lungo corridoio dell’area destinata ad accogliere i fornitori e indica l’ingresso alla rampa che porta al livello sottostante).
Infine, la mensa progettata da Gardella è stata il soggetto privilegiato di molte significative immagini d’autore che, nel ritrarre l’edificio e le attività che vi si svolgevano, hanno contribuito a sottolinearne il valore simbolico e a fissarne i canoni di lettura.